venerdì 4 gennaio 2013

Capire le spiegazioni

“Sono responsabile di ciò che dico, non di ciò che capisci”
(Autore anonimo)

 

La maggior parte delle spiegazioni relative all’esistenza, vengono condotte ed esposte in molti modi diversi in base all’ambito stesso nel quale vengono formulate.

Uno scienziato matematico traspone le sue osservazioni in formule così complesse, che per la maggior parte delle persone risultano incomprensibili; uno storico ed un teologo compilano raccolte di vecchi testi e tradizioni da loro ritenuti importanti a seconda del proprio punto di vista; un chimico mette sul tavolo i suoi esperimenti da laboratorio a “dimostrare” le varie reazioni tra diversi componenti manipolati sotto diverse situazioni; un gelataio lo farà abbinando le palline di vari gusti sulla cialda più adatta al momento…

Lo stesso equivale per chi ascolta e chi ragiona sulle parole che ascolta o che legge, soprattutto chi mi conosce personalmente è senz’altro influenzato in primo luogo dalla sua personale considerazione nei miei confronti, opinione che può essere “positiva” o “negativa”, a dipendenza dalla persona stessa che “esprime” tale opinione.

Senz’altro c’è già chi sta cercando errori grammaticali o di battitura in questo testo, altri ancora sono invece più portati a giudicare la grafica della copertina. Ti avrà anche colpito il fatto che uso moltissimi termini tra le “virgolette”, infatti sono molti, anzi troppi, i significati “standard” che diamo ad alcune parole dimenticando che nella maggior parte dei casi queste possono assumere significati diversi in base al contesto in cui si presentano.

La “parola” infatti non è univoca ed il suo significato è principalmente in chi l’ascolta.

Nello stesso modo un ateo che legge la parola “Dio”, anziché “leggere” questo termine come una più semplice e veloce definizione per descrivere “Il nostro Io più supremo che pervade d’amore il nostro corpo ed il nostro universo”, può sentire subito il desiderio di accantonare il tutto in quanto semplicemente egli “non crede” in – o a quel Dio.

Persino nel momento in cui io, per assurdo, dovessi per esempio asserire di essere o avere in me una presenza “extraterrestre” che mi infonde ispirazioni, corro il rischio di venire rinchiuso in un manicomio; oppure vengo obbligato a presentare “prove” inconfutabili della mia presunta “extraterrestrialità”.

Se non vengo accusato dei più crudeli intenti criminali o dell’uso di magia o di ciarlataneria, vengo rinchiuso in un istituto di ricerche a divenire la cavia degli esami più incredibili e strampalati; ma se asserisco che “Dio” è in me avrei probabilmente l’appoggio dei credenti, o in un altro caso invece potrei anche essere direttamente fustigato e condannato a morte mediante crocifissione…e forse in seguito idolatrato.

Io cerco di abbinare le mie spiegazioni un po’ in base a questo e un po’ in base a quello, cercando di non offendere nessuno, di non ferire, approfittando semplicemente della maggior parte di quelle cose meravigliose che sono già lì a nostra disposizione, ma comunque sperando che tu riesca a seguirmi senza problemi.

Se non è così ed hai difficoltà a seguirmi, ti prego di interrompermi; cancella pure “la lavagna” e volgi per un attimo la tua attenzione laddove puoi trovare facilmente una spiegazione diversa o più approfondita sui termini in uso, prima di proseguire con la lettura.

Seguendo l’evoluzione dell’uomo, il primo tentativo di spiegare cosa si muove attorno al nostro essere è mediante la narrativa.

Abbiamo a disposizione vari personaggi “fantastici” (mitologici o meno) che danno un’impronta molto poetica al tutto.

I personaggi biblici, della mitologia o delle epopee fantasiose nelle favole e delle fiabe, racchiudono in loro esperienze, esprimono molteplici possibilità di cause ed effetti. Le vite di questi personaggi passano dalla “commedia” al “dramma”, ci descrivono situazioni molto complesse ed intricate che spesso vengono addirittura tramandate in varie versioni come a mischiare mondi “paralleli”; ciò spesso ci causa ancora più confusione, ma ognuna di loro ci trasmette qualcosa che rimane come a “fluttuare” nel mare della nostra mente e nel nostro essere.

Lo so che qualcuno qui potrebbe credere che stia ponendo sullo stesso livello per esempio “Cappuccetto Rosso” con “Deianira” o “Dracula” o con “Maria di Magdala”, forse sì e forse no, non è questo il punto che stiamo trattando, quindi lasciamoci sorprendere, non diamo a priori “questo” per reale e scontato a scapito di “quello”.

Ovviamente la narrativa classica presenta vari inconvenienti, innanzitutto la prima difficoltà sorge tramite la diffusione verbale, tale diffusione subisce infatti grandi influenze dall’interpretazione di chi narra e di chi ascolta. Un secondo problema si presenta quando si tratta di traduzioni da una lingua ad un'altra, infatti non solo la cognizione del traduttore può influire sul significato, ma bensì la differenza dell’etimologia e della radice di alcune parole ne modifica, nasconde o addirittura stravolge completamente il “senso”.

Pensando per esempio al termine “animare”, che in italiano significa letteralmente infondere movimento a qualcosa, se io parlo dell’Anima automaticamente mi aspetto che tale termine venga abbinato anche a quella forza “intelligente” che imprime “animazione” ad un determinato “soggetto” rendendolo letteralmente “vivo”.

Riferendomi all’Anima che una persona infonde nel proprio lavoro – non solamente artistico – il significato si estende a livelli più sottili dell’esistenza, infatti l’Anima esegue il suo compito di “animare”, dando cioè maggior “vibrazione” a sensazioni più elevate come in primo luogo all’amore, sensazioni che continuano – per così dire – a “sprigionarsi” dall’opera e dal lavoro così realizzati.

Traducendo però il termine “Anima” in altre lingue il significato cambia: ecco che, per esempio, in inglese si dice “Soul”, e tale termine non ha più gli stessi significati, anzi è esclusivamente abbinato al mondo emotivo ed a quello della sensibilità, piuttosto che “all’animazione”. Quindi anche se “Soul” rappresenta qualcosa di elevato, relega ciò che ne viene rappresentato ad una esistenza separata, più “individuale”. Ecco che quindi la descrizione di un essere “animato” dei più nobili istinti non viene recepita come “mosso da” ma bensì come “che possiede”, ciò equivale dunque ad una differenza di percezione tra la “mia” Anima, così come la può avere un lettore di lingua italiana, e l’Anima che viene percepita da un inglese che si trova a leggere questo mio testo eventualmente tradotto.

Volendo trasmettere “sensazioni”, il metodo più efficace potrebbe essere quello del “suono”, i suoni infatti riescono a stimolare direttamente determinate vibrazioni a livello fisico; un suono dolce calma e rilassa, un suono energico infonde vigore e un suono sgradevole invece irritabilità… In questo caso però ogni individuo percepisce i suoni in modo diverso a seconda dei più svariati motivi: il ticchettio della pioggia all’inizio rilassa e può sembrare gradevole, dopo una settimana ininterrotta di pioggia si giunge però ad una specie di esasperazione e non lo si sopporta più. Alcuni amano un brano di Vivaldi, altri sono meglio a loro agio con dell’Hard Core e altri ancora preferiscono un brano folkloristico di questo o quel paese, quindi pure il suono non riesce ad accontentare tutti.

Anche qui la parola “sensazione” viene tradotta in tedesco con il termine “Gefühl” e in inglese con il termine “feeling”, che in italiano significano anche “sentimento”, ma quando in inglese si dice “I feel” o in tedesco “ich fühle”, ecco che in italiano il significato è più simile al nostro “sentirsi” che usiamo per esprimere ad esempio “mi sento stanco” o “mi sento sciocco”, non esiste infatti in lingua italiana un’espressione distinta per affermare che proviamo nel corpo la sensazione di “stanchezza” o di “essere sciocchi”, e quando si dice “I feel love” oppure “Ich fühle Liebe”, la traduzione in italiano perde completamente la pienezza del loro vero significato di sentirsi “pervasi” e “immersi” in questo dolce sentimento.

La biblica “Torre di Babele” quindi – da non interpretare in modo semplicistico come la costruzione di uno stabile che potrebbe essere simile all’Empire State Building di New York, ma bensì in un modo ben più ampio ed arcano – in fondo è in continua costruzione, molto a rilento appunto per il fatto che ognuno di noi usa il proprio modo per esprimersi.

Ma in fondo sappiamo benissimo che, metaforicamente parlando, il nostro “scopo” nella costruzione della “Torre di Babele”, è quello di raggiungere – o forse è meglio dire ricongiungerci – a “Dio”, e l’ostacolo della lingua sparisce, come spariscono tutti gli ostacoli quando torniamo a parlare tutti la stessa lingua del “cuore” e dell’Anima, e mi sembra più che ovvio che “Dio” non fa nulla per impedircelo, anzi, ci aspetta con ansia ed “eterna” pazienza a braccia aperte …ecco che per un ateo sarebbe qui più appropriato dire “ricongiungersi” con il proprio “Sé” più intimo.

Considerato che purtroppo il linguaggio del cuore e dell’Anima è ostacolato dal mondo illusorio e materiale che ci circonda, ed é riconoscibile prevalentemente tra “individui” che si trovano molto “vicini” emotivamente, ecco che dunque ripieghiamo all’uso di altri metodi di comunicazione.

Oltre al linguaggio ed al suono, disponiamo per esempio di capacità illustrative; oltre all’uso della “scrittura” convenzionale – che esprime semplicemente una rappresentazione “grafica” dei suoni che emettiamo per esprimerci – usiamo efficacemente anche altri tipi di rappresentazione.

Un uomo delle caverne cerca di descrivere una tigre ai suoi figli con le parole in quanto, fortunatamente, non se ne trovano nelle immediate vicinanze. Riferendosi alle strisce che lo hanno colpito particolarmente, la descrive come “un grande animale le cui “ossa nere” avvolgono la sua carne dall’esterno”. Per spiegarsi meglio la disegna appiattita nella sabbia o sulle pareti della sua caverna.

I figli del cavernicolo crescono, ecco che un giorno si trovano davanti proprio quella tigre che riconoscono, si rendono conto però che il semplice disegno del padre non ha nulla a che vedere con quell’essere. Per descrivere meglio questo animale ai loro figli ed ai figli dei loro figli, riescono a farne una rappresentazione tridimensionale più simile all’originale, scolpendola grossolanamente in un pezzo di legno.

Con i nipoti tutto muta nuovamente. La cercano, la osservano più attentamente e giungono ad una trasposizione realistica della tigre su di una tela usando colori ad olio. Le fauci spalancate nel tipico atteggiamento che la ritrae pronta ad assalire e che riesce ad esprimere sempre più la sua pericolosità.

Grazie alla crescita dei pronipoti, ecco apparire anche le prime macchine fotografiche, poi le cineprese… La tigre ruggisce in una registrazione audio, “accede” alla condizione di essere elaborata mediante un computer il quale mi dà la possibilità addirittura di “entrare” ad osservarne i suoi organi interni; la tecnica 3D mi permette di provare la sensazione di averla proprio ad un palmo di naso senza peraltro doverlo fare realmente.

La tigre è pur sempre la stessa, qualsiasi rappresentazione ne viene fatta non muta la sua natura, la sua pericolosità, la sua bellezza, la sua fame, ma soprattutto non muta il rispetto e l’attenzione che dobbiamo avere nei suoi confronti.

Magari alcune persone la riconoscono meglio in un dipinto astratto, altri in una delle altre forme con la quale viene descritta e rappresentata qui sopra, quindi sono tutte forme proprie indiscutibili da rispettare, che dipendono esclusivamente dalla mente che osserva e che riconosce ciò cui sta assistendo.

Rivedendo i vari metodi citati qui sopra, ci rendiamo conto che non raggiungiamo ancora un metodo ideale per riuscire ad esprimere appieno ciò che vogliamo dire. Da una parte viene effettuato uno sforzo, viene “usata” una grande passione per rendere il più reale possibile ciò che si sta cercando di trasmettere, ma dall’altra può non esservi percezione alcuna se chi ascolta o osserva non dispone di un certo senso di “immedesimazione”, quel senso che permette di riconoscere effettivamente la tigre che si è solo intravista “appiattita” sulla roccia vicino al focolare domestico o tridimensionale su di uno schermo.

Come passo decisivo, per capire io “voglio” quindi essere nella tigre, non come suo pasto naturalmente, ma come pura sensazione, quindi non in qualità di un corpo morto fisicamente ma bensì coscientemente (intendo come coscienza). Per farlo non mi basta solo vedere la tigre, voglio riuscire anche a sentire come sente la tigre, fare mio il suo Essere. Questo è anche l’unico modo per “riconoscere” veramente ciò che una tigre impersona in questo mondo.

Riprendiamo l’uomo delle caverne che, conosciuta la tigre, ne ripropone verbalmente ai familiari una descrizione e ne disegna i contorni incerti sulle pareti della caverna, se lo poniamo davanti alla scultura grossolana avrà un attimo di perplessità e di timore; davanti al dipinto su tela e alle altre rappresentazioni o anche solo udendo la “registrazione” del ruggito, ecco che si dà alla fuga spaventato non riconoscendone l’illusione.

Trovandosi però lui stesso al posto della tigre non ha motivo di fuggire, è consapevole della sua forza anche se non è consapevole di essere proprio quella tigre, ne può avere semplicemente la rappresentazione ultima e più completa; addirittura può renderla docile e mansueta, oppure continuare a cacciare il cibo, ad esempio quella strana figura che se ne va in giro con un ramo, che cammina a due zampe ed è quasi priva di pelo, sembrerebbe proprio deliziosa…

Per questo ti chiedo di “entrare” nei miei testi. Non solo cercare di visualizzarli ed analizzarli come situazioni completamente estranee al tuo essere, bensì “sperimentandoli” direttamente nella tua comprensione. Mantenendo la tua “personalità”, quindi senza il pericolo di subire chissà quale condizionamento, ti è possibile immedesimarti in essi senza peraltro giudicarli subito in base alle tue convinzioni.

Se hai l’impressione che ti stia parlando di una tigre che esiste solo come allucinazione nella mente o in una “realtà” che appartiene solo a questo “me” delle caverne che sta scrivendo, o se credi che questa tigre in realtà è solo un gattino che la mia “coscienza” vuole usare per mettersi in mostra, ciò non cambia nulla alla realtà che questa ricopre in questo nostro Qui e Ora.

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