venerdì 4 gennaio 2013

Il Cosmo

Nella realtà della percezione di qualsiasi entità esiste, oltre naturalmente ai propri corpi di cui possiamo o meno averne conoscenza, un rapporto molto particolare con tutto ciò che ci circonda.

A partire dall’ambiente in cui viviamo con i suoi paesaggi, naturali o meno, la nostra concezione spazia al pianeta in cui viviamo, poi in seguito allo spazio, agli altri pianeti, le stelle, le galassie eccetera, tutto comunque sottostà ad un determinato piano, ad un ordine particolare, a determinate “leggi” gravitazionali, energetiche, fisiche, chimiche e via dicendo.

Questo nostro ambiente globale, che comprende dunque tutte queste “cose”, segue uno “schema” molto ben definito che, seppur senza l’uso di terminologie scientifiche o astrologiche che ne limitano solo i vari “dettagli”, può venire percepito come “logico” e “normale” da qualsiasi “mente pensante”.

Andiamo comunque insieme a vedere come descriverlo nel modo più semplice. Questa descrizione avviene a tratti secondo le “sacre scritture”, in altri secondo “prove scientifiche”, ma soprattutto da un punto di vista “più ampio”…

Dal Nulla al Caos e al Cosmo

Un oggetto che si sposta nel vuoto assoluto viaggia a velocità infinita, così da coprire istantaneamente tutto lo spazio” (Aristotele).

Anche se Aristotele ha sfornato molte teorie che in seguito sono risultate completamente inesatte, va riconosciuto che analizzando e ragionando su questa specifica asserzione possiamo giungere ad una visione ben particolare del cosmo.

L’interpretazione può essere doppia: “coprire lo spazio” può significare che l’oggetto “percorre” la distanza che “limita” il vuoto assoluto, ma può anche significare che “riempie” il vuoto.

Si tratta ora di entrare in merito all’eventualità che si venga a creare una di queste situazioni (oppure entrambe): nel primo caso ci appare spiegata in modo semplice e lampante l’onnipresenza del Qui e Ora, mentre nel secondo si ha una visione dettagliata del “Big Bang”, dove la materia fino ad un certo momento pressata su se stessa, esplode a riempire uno “spazio” (il vuoto assoluto) dando origine all’universo (quindi nuovamente un Qui e Ora più scientifico).

Ripercorrendo a grosse linee ciò che la scienza o le religioni cercano di presentare come realtà assoluta della “creazione“, vediamo dunque gli elementi principali della “nascita” dell’universo così come lo conosciamo.

Tutto parte dal nulla, che, secondo molti testi è il paradosso dell’Autoghenes, l’Autogenerato che riveste l’inconcepibile Essenza nell’eternità, dove comunque l’eternità rappresenta il limite estremo della nostra comprensione.

Qui siamo già oltre alcune nostre “concezioni”, non si può infatti dire che “all’inizio era il Nulla” e che da lì “Dio” iniziò con la sua creazione, ciò comporterebbe automaticamente qualcosa di esistente al di fuori del nulla.

Anche il Caos può essere immaginato come l’amalgama in un unico punto di tutto ciò che costituisce l’universo prima di ciò che viene definito con il nome di “Big Bang”, la materia dell’universo compressa e racchiusa in uno spazio minimo come la capocchia di uno spillo, come asserito da Einstein. Questa materia è in attesa di trovare la sua sistemazione “definitiva” espandendosi nel nulla, nel “vuoto assoluto” Aristotelico.

Ma anche questa asserzione è comunque paradossale, dato che la “presenza” appunto della materia così compressa non può essere intesa all’interno del ”vuoto assoluto” e neppure esternamente ad esso, in quanto il vuoto non può avere confini… a meno che questa materia che sopraggiunge nel nulla ha origine in un’altra dimensione che a sua volta ha origine in un'altra dimensione, che a sua volta… forse una specie di ping-pong tra universi paralleli attraverso i buchi neri.

In questo “Nulla” comunque avviene il fenomeno del Big Bang scientifico, che la religione definisce come la coscienza Divina, il pensiero di Dio che, in un certo senso, esplode nel Caos portando i vari elementi e le varie energie a formare l’ordine delle cose: il Cosmo appunto.

Il Cosmo è semplicemente l’ordine assunto dalla materia dopo l’esplosione avvenuta nel pensiero dell’Anima Prima che ha “riflesso” se stessa e su se stessa, dando il via ad una immagine consistente del suo pensiero, è definito chiaramente come “l’ordine delle cose” assunto in base a varie reazioni energetiche o chimiche quasi come accade per i comuni fuochi d’artificio che, nel loro espandersi durante questa esplosione, vediamo assumere particolari schemi di “pseudo-immagini” vanescenti con i rispettivi colori.

Se per un attimo quindi dimentichiamo la nostra concezione del tempo, che abitualmente misuriamo in secondi o in millenni, e diamo il via mentalmente a questa creazione espandendola in modo “immediato” nel nostro “pensiero”, la conglobiamo automaticamente in una forma “logica” che contraddistingue proprio la nostra coscienza originale che la sta concependo, non potrebbe essere altrimenti.

Come dicevo in uno dei capitoli precedenti relativamente ai “nostri” corpi, le varie dimensioni non sono propriamente definibili come “contenitrici” o “contenute” una nell’altra, ma non sono neppure situate in posizioni cardinali come il nord, il sud, l’est, l’ovest, il sopra o il sotto, sono tutte praticamente comunque esattamente “il centro”, il “Qui e ora”.

In effetti non avrei bisogno quindi di “andare” propriamente da un punto A ad un punto B per esservi, in quanto ciò comporta crearmi l’illusione che si trovi in un “altro luogo” che non è la mente del Sé supremo che si trova in piena “azione creativa”, ma però è proprio grazie alla sperimentazione di essere in un punto A o in un punto B che mi dà la prova di poter essere contemporaneamente in entrambi, altrimenti ci sarei e basta senza rendermene conto.

Quando dunque riesco ad abbattere determinate concezioni di tempo come il “prima” ed il “poi”, o dello spazio come “qui” e “lì”, della prospettiva come “grande” o “piccolo” e di posizione rispetto a qualcosa come “dentro” o “fuori”, mi è possibile “realizzare”, in modo ben diverso dall’usuale, l’immagine della “realtà”, mi accorgo cioè che ciò che chiamo “realtà” è semplicemente la “realizzazione” dell’immaginazione che mi permette di giocare, di sperimentare e continuare a creare.

L’Osservazione del Cosmo

Anche se il cosmo è unico, e come detto pocanzi è la realizzazione dell’immaginazione, noi lo percepiamo principalmente come microcosmo da un lato, e come macrocosmo dall’altro.

La materia cosmica che lo compone, è la stessa per qualsiasi oggetto in esso “contenuto”, naturalmente dico “contenuto” in modo relativo data la sua natura infinita e le sue molteplici possibilità dimensionali.

Dal più minuscolo punto fino al più grande – sia cioè, che si tratti di un pianeta o di un microrganismo, e sia che assuma uno stato solido, liquido, gassoso, eterico ecc. – tutto è composto della stessa materia cosmica, ma non solo da ciò, come cerco di spiegare al meglio in questa sede.

L’unica differenza tra le varie “cose”, tra gli oggetti, e tra gli esseri presenti nell’universo, si riscontra esclusivamente nella relativa consistenza, nella conformazione che la materia assume grazie ad una determinata energia, e anche attorno a quest’ultima. È, infatti, l’energia ad essere vettrice, oltre ad altre particolarità, dell’Intelligenza Primigenia – così definita da Edison – che permette l’assemblamento delle varie particelle di materia cosmica nel contesto del suo corrispettivo eterico, in modo da dare a tutte le cose una ben determinata dislocazione, una forma precisa ed una consistenza piuttosto che un altra.

Tralasciamo per un attimo, però, di parlare dell’energia, che andremo a trattare nel prossimo capitolo, e cerchiamo di chiarire ulteriormente i fenomeni legati alla materia cosmica che, come ben detto da Einstein, può essere tutta rinchiusa in uno spazio minimo come la capocchia di uno spillo.

Entrare più a fondo nelle spiegazioni che ho citato prima – siano queste fatte in chiave astronomica, scientifica, spirituale, eccetera - al momento potrebbe solo complicarci le cose, cerchiamo dunque di comprenderlo nel modo più semplicistico possibile, sperando di non apparire troppo impreciso o leggero.

Come qualsiasi altra situazione, la via migliore per comprendere alcune cose “invisibili” all’occhio umano, è quella di farsene un’immagine di paragone; immagine che, comunque, non deve assolutamente limitare eccessivamente la “realtà prima” di ciò che si vuole rappresentare a semplice scopo esplicativo.

All’inizio di questo testo ho già premesso che la forma predominante nel nostro “mondo conosciuto” è quella tondeggiante, proviamo ad immaginare dunque il cosmo, ipoteticamente circolare, come un anello. Essendo infatti infinito, non può che richiudere su se stesso la sua spazialità.

Anche se già rende l’idea, in realtà questa rappresentazione ad anello sarebbe in un certo senso inesatta, come inesatta ne è pure la rappresentazione con il simbolo dell’infinito:  ∞ .

Questo simbolo che, oltre ad indicarne la continuità che si ricongiunge su se stessa, sta a simboleggiare anche una particolare forma di scorrimento multidirezionale, rappresentabile non solo a due dimensioni raddoppiando il nostro anello, aprendolo cioè lateralmente in due come viene fatto nel simbolo, bensì anche tridimensionalmente, come chiaramente deducibile dalle varie rappresentazioni della legge dell’attrattore di Lorenz e andando anche oltre ad assumere una forma più sferoide quadridimensionale o anche ultradimensionale.

La rappresentazione del cosmo, infatti, sarebbe più simile ad una sfera senza un limite di circonferenza, ed il cui centro – il nostro essere pensante, che in un certo senso può trovarsi “ovunque” – non è legato ad alcun limite di posizione interna od esterna, non si limita ad essere “contenuto” e neppure ad essere “contenitore”.

La “nostra” posizione è di fatto la condizione che crea la localizzazione del “punto di vista” ed il “momento dell’analisi”, dunque mutevole in continuazione proprio in base a uno di questi fattori, ma non per questo definitiva o decisiva.

Infatti, il centro dell’universo non è un punto fisso localizzabile “geograficamente”, è semplicemente la nostra “essenza” dal quale si inizia a “spaziare”, quindi non prettamente legato ad un punto preciso esterno dal nostro pensiero che, come già detto, non risiede necessariamente in ciò che consideriamo la nostra “mente” o il nostro cervello.

Al momento però, questa immagine potrebbe rendere più difficile la comprensione di quanto sto spiegando in questo ambito in merito al cosmo, è quindi più opportuno non chiarirla ulteriormente e rimandare ciò ad un altro capitolo.

Tornando quindi al semplice anello, in qualsiasi punto noi ci dovessimo trovare su di esso – che più comprensibilmente nel simbolo è il punto di incontro centrale – avremmo l’impressione di esplorare il microcosmo guardando da una parte, e rispettivamente il macrocosmo dall’altra. Essendo però un anello, il nostro macrocosmo ad un certo punto giunge a divenire il nostro microcosmo e viceversa.

Suddividiamo ora questo “anello” in sessanta possibili settori, proprio come i minuti sul quadrante di un orologio.

La parte “materiale” che noi riusciamo a vedere con i più potenti mezzi a nostra disposizione – come ad esempio i telescopi che scrutano lo spazio, o i microscopi che spiano all’interno del più infinitamente piccolo – si riferisce soltanto ai primi tre “minuti” verso il microcosmo, mentre verso il macrocosmo arriviamo fino a sei.

Tale differenza, è dovuta alla densità della materia di cui è composto il nostro cosmo così come lo percepiamo, infatti ci è più facile penetrare nei livelli più sottili dello “spazio” interstellare che non in quelli grossolani della “materia”... anche se in realtà sono la stessa cosa.

Se riuscissimo a vederlo nella sua completezza, cioè tutti e sessanta i settori – siano trenta e trenta per ogni lato o dieci e cinquanta ecc. - avremmo raggiunto il più alto livello di coscienza, la totalità dell’Essere, la pura Essenza. Questa visione è comunque praticamente impossibile in quanto soggiace proprio alla sua dimensione sferica, come sulla terra ci è possibile solo vedere l’orizzonte anche se il suolo terrestre continua oltre tale limite.

Visualizzare oltre questi sessanta settori, vale a dire visualizzarne anche solo una minima parte in più, è praticamente una situazione paradossale, in quanto l’esistenza dell’osservatore verrebbe a sovrapporsi su innumerevoli livelli di coscienza, creando una specie di “collasso” indescrivibile. Non impossibile ma indescrivibile, in quanto subentrerebbe una spaventosa coesistenza simultanea anche in possibili mondi paralleli, i quali dipenderebbero comunque sempre dalla stessa “emanazione” del Sé supremo in una differente espansione del “suo” pensiero.

Probabilmente verremmo quindi catapultati in un altro Universo da dove non ci sarebbe possibile avere nozione alcuna di questo.

Questo “punto” che non può venire superato, è semplicemente quello dal quale viene effettuata l’osservazione effettiva; la “coordinata” dove confluiscono gli altri elementi che influiscono sulla materia cosmica; il punto dove la Presenza dell’Essenza, viene manifestata nella Consistenza.

La Dimensione del Cosmo

Di fatto ora sappiamo che  la “dimensione” del cosmo è semplicemente una cosa soggettiva che dipende esclusivamente da che parte lo si stia osservando, quindi non effettiva e reale.

Come possiamo a questo punto ben comprendere, esso non muta di dimensione. Non può assolutamente farlo poiché non ha, infatti, una dimensione.

La nostra concezione, difficilmente realizza che possiamo giungere al minuscolo passando attraverso il più grande, oppure giungere al più grande passando attraverso il più piccolo.

Se ci rendessimo però conto che il nostro semplice campo visivo piatto, per esempio guardando verso il cielo di notte, si allarga notevolmente in proporzione alla distanza, possiamo giungere alla conclusione che questa “ampiezza” della visione frontale, allontanandosi all’infinito può estendersi orizzontalmente seguendo il ripiegamento circolare che cito già nei capitoli precedenti. Questa volta però il ripiegamento lo immaginiamo sia a destra che a sinistra fino a ricongiungersi a noi … giungendo nuovamente nel punto cosciente del qui e ora dal quale è partito e che definiamo solitamente “centro” o “dentro”.

Ecco che non vi è stata una vera e propria mutazione della dimensione, ma ciò che ha attraversato “l’alto” si ritrova “interno” nel “basso”, per poi proseguire (per modo di dire) in questo suo circolo riproiettandosi “davanti” e “fuori” rispetto al punto di vista dell’osservatore.

Se riusciamo ad immaginare questo “circolo” e riportarlo anche a 360 gradi attorno al punto di osservazione, quindi non solo lateralmente in una “dimensione piatta” bensì “attorno”, ci accorgiamo che l’universo non può avere segreti da nasconderci.

Ciò non solo ridefinisce il termine di dimensione, bensì anche quello della nostra posizione “fisica” nello spazio.

Lo Spazio del Cosmo

Non avendo dimensione quindi, non può neppure avere una posizione definita e limitata in uno spazio; non è qui o là rispetto a qualche cosa di “esterno” ad esso, è semplicemente ovunque ma comunque “qui” nel “presente”.

Questa sua onnipresenza non occupa uno spazio preciso e definito; essa semplicemente è.

Questo suo “Essere”, ai nostri occhi in modo consistente, è semplicemente una manifestazione della presenza dell’essenza.

Essendo ovunque e senza dimensione, ne consegue che non ha neppure limiti di tempo…

Il Tempo nel Cosmo

Non è lontano nel tempo o recente. Non ha infatti tempo in quanto relativo semplicemente al punto dal quale lo si osserva.

Lo sfasamento temporale degli eventi, è solo il frutto degli ostacoli percettivi che vengono a trovarsi tra il loro accadimento e la loro percezione.

Ciò che noi chiamiamo distanza anni luce, in realtà è solo la dimostrazione dell’ineffabilità del tempo: nel caso per esempio della luce di una stella visibile ad occhio nudo, non si tratta solo un “evento” del passato che si manifesta nel presente, bensì anche il presente di questo passato, che viene confrontato con il suo stesso futuro, non si assiste infatti a ciò che potrebbe essere paragonabile ad una “registrazione” dell’evento “luce” su di un nastro, si osserva letteralmente un evento che accade Ora in ciò che chiamiamo “passato”.

Abbiamo anche la possibilità di percepire e misurare infatti diverse “velocità”.

Quella che, ad esempio, noi riteniamo la “velocità della luce”, ha un limite relativo al senso della vista; il suono invece, ha il suo limite nel senso dell’udito.

La materia infine, legata basicamente al senso del tatto, ha diverse velocità vibrazionali che le ultime scoperte definiscono e cercano di convalidare con la “teoria delle stringhe” (tradotto da Strings in inglese che significa “corde”).

In un normale stato di coscienza, noi possiamo percepirne solo alcune di queste velocità in base ai nostri cinque sensi principali; inoltre siamo propensi a pensare alla velocità, come spostamento della materia, dimenticando che anche l’inerzia della stessa, è una diversa velocità.

In questa nostra coscienza più grossolana, dimentichiamo persino che la coscienza stessa, con l’intelligenza e molte altre qualità non prettamente legate al corpo materiale umano, sono energie in movimento che fanno parte dei nostri sensi superiori. Questi sensi superiori, seppur mutevoli non sono misurabili con il nostro usuale termine di velocità, e anch’essi sono ovunque, o meglio, diciamolo pure, sono onnipresenti.

L’Aspetto del Cosmo

Non è né fuori né dentro di noi… è semplicemente “noi”, siamo noi sotto qualsiasi aspetto possiamo immaginarci e sotto qualsiasi sensazione in cui “ci” possiamo identificare.

La consistenza di questo anello cosmico, se così la possiamo chiamare, è data da materia cosmica che varia, dalla più “solida”, situata al suo punto più “centrale” (per modo di dire, viste le considerazioni esposte qui avanti), ed alla più sottile man mano si passa al suo “esterno”; questa consistenza e questo aspetto della materia sono pura immaginazione creativa del Sé supremo, quindi soggiacciono esclusivamente ai suoi determinati parametri espressi al momento della loro “realizzazione”.

L’Io nel Cosmo

Visto che il Cosmo non ha un aspetto definito, non è misurabile con una dimensione effettiva, non occupa uno spazio preciso e non ha limiti di tempo, si tratta ora di definire il rapporto dell’Io nei suoi confronti.

In poche parole l’Io, quell’essenza che qui e ora sta analizzando, si trova al centro del cosmo ma nello stesso tempo lo contiene, come fosse il centro di una sfera ma nel contempo ne fosse pure la circonferenza. Ecco che creata questa correlazione posso solo constatare che se da una parte il cosmo scaturisce dall’Io, dall’altra l’Io scaturisce dal cosmo in una specie di “ciclo continuo”, il ciclo appunto della “creazione”.

Proporre ora la definizione dell’Io come Sé superiore è piuttosto azzardato, va comunque compreso come l’Io è una “espressione” che il Sé superiore utilizza, mutando sufficientemente in modo da sperimentare, in modo apparentemente separato, la creazione che scaturisce dal suo proprio pensiero creativo.

Questo “Io” che analizza, espone queste pagine o le legge, non va inteso propriamente come “Sé superiore”, come “spirito”, o come “Anima”, neppure come “coscienza” – quindi più come una qualità o entità separata dalle altre – bensì deve essere inteso come “immagine a somiglianza” che rappresenta l’unico mezzo che può arrivare a “concepire” il Sé non essendo propriamente lo stesso Sé.

Dunque sia lo spirito, solitamente detto soffio divino o respiro di Dio, sia l’Anima e sia la coscienza nei suoi vari livelli, sono solo dei mezzi per dare l’impressione a questo “Io del corpo fisico” di essere un’entità separata dal tutto, unica possibilità per vedere e “analizzare” in dettaglio la creazione del Sé; …quasi come se, non avendo uno specchio si proietti una propria immagine che ci osservi – pur mantenendo in essa una certa forma di consapevolezza a cui possiamo attingere – in quanto osservando “noi” tale immagine che abbiamo creato, non possiamo avere la certezza che ci rappresenti come veramente siamo e non come crediamo di essere oppure come vorremmo essere.

Come “Io”, o meglio come Sé “inferiore”, posso quindi anche interagire con la “meccanica” dell’immaginario cui il Sé superiore ha dato il via, in modo da completare sempre più nei dettagli, la meraviglia di questa creazione.

Questa interazione tra l’Io della personificazione con la creazione del Sé, è semplicemente “perfetta”, e in linea di massima non procede in “sintonia” ed in “accordo” solo in determinati casi.

Uno sfasamento di questa sintonia si ha quando, per esempio, l’Io si lascia prendere troppo dall’illusione di subire passivamente la propria esistenza e non intravede invece la sua co-responsabilità nel quotidiano. Con questa attitudine automaticamente innesta un meccanismo di creazione proprio di una sua “forma pensiero” degli elementi che “crede” e quindi “si propone” di subire.

A questi livelli non riesce o fatica molto a riconoscere anche gli “elementi” che invece sono a sua disposizione proprio per permettergli di “uscire” da tale situazione, continua dunque ad osservarli come “avvenimenti” e non come “opportunità” per realizzarsi (= rendersi reale).

Questo genere di Io “non in sintonia”, non contribuisce alla creazione del Sé solo apparentemente, infatti riesce comunque a portare degli “elementi” supplementari nell’insieme.

Il suo Essere all’interno del Cosmo è infatti di per se un elemento a tutti gli effetti come qualsiasi “altro”, vale a dire Uno con il tutto, la sola differenza consiste nel non aver “aperto gli occhi” sul suo vero essere qui e ora.

Dunque riassumendo ecco che questo “Io nel cosmo”, qualsiasi “Io” immaginabile, corrisponde esattamente al cosmo, cioè lo osserva come se fosse “esterno” creandosi così un’immagine “interna” che a sua volta “contiene” il cosmo, e infine proietta questa immagine al Sé superiore che ripete il ciclo di “assimilazione” e “realizzazione”, quindi la “continua creazione” del qui e ora.

Il Sé supremo nel Cosmo

Dalla profonda comprensione di questa ultima “immagine” di un “Io nel Cosmo” il concetto del Sé inferiore ritorna al contatto con il Sé supremo, ma non un contatto inteso come fusione, bensì come consapevolezza del meccanismo che contraddistingue il “processo” di Autoghenes, dunque non propriamente l’Autoghenes come entità “fisica” o “energetica” separata, ma proprio come il processo stesso dell’Essenza.

Questa comprensione stimola una maggior apertura verso una più reale concezione di qualsiasi evento possa “manifestarsi” sia a livello “fisico”, riconoscendo quindi l’utilità dell’illusione, e sia a livelli più sottili e reali che a volte appaiono come “lampi” anche nel corpo mentale più “Egoistico”.

Immaginando la mia personificazione come semplice Sé, indipendentemente che questi sia “superiore” o “inferiore”, la mia Esistenza stessa risulta priva di motivazione se non fosse proprio per una “forma” di causa e di effetto rapportata ad elementi esterni.

Ecco la “necessità” di “pensare”, quindi “produrre”, la manifestazione che mi permette di interagire e quindi esistere.

Questo semplice concetto viene applicato indistintamente dal Sé superiore come da quello inferiore, e dato che quello inferiore può essere “multiplo”, il superiore lo moltiplica appunto come continuità di esistenza, senza infatti una creazione non può esistere il creatore come senza creatore non esiste creazione.

In un rapporto tra due o più elementi necessari all’azione chiamata “creazione” sussiste come base la presenza di una forza particolare che solitamente chiamiamo Energia.

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